Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme

  • "In Ricordo di Papa San Giovanni Paolo II°" - Programma della III' Edizione del Premio

  • Cavalieri non attivi all'anno 2015

    Elenco delle Nobil Donne, dei Dignitari e dei Cavalieri in “SONNO”, ovvero tornati alla “Casa del Padre”, successivamente l’anno 2010 fino al 2015.

    Questa pagina riporta l’elenco nominativo delle Nobildonne, dei Dignitari e dei Cavalieri che sono stati posti in “sonno” (o defunti) dall’anno 2000 al 2015. 

  • Communication to His Excellency Mr the Secretary of the United Nations (2014)

    Comunicazione a S.E. il Sig. Segretario Generale delle Nazioni Unite, On. Ban Ki-moon

    Carica da QUI' il testo in inglese della lettera trasmessa al Segretario Generale dell'ONU relativo al Trattato di Amiens del 1802

    Upload HERE 'the English text of the letter sent to the UN Secretary-General on the Treaty of Amiens of 1802

  • Decreto del Gran Maestro n.: 01/18 del 10 aprile 2018

  • Il giudizio di “legittimità” sugli ordini cavallereschi

    Navigando nel web ci siamo imbattuti nell'articolo che segue. L'autore focalizza uno degli aspetti relativi alla legittimità degli ordini cavallereschi, chiaramente nella contrapposizione di due alternative specifiche: quella Sovrana e Statuale della Chiesa Cattolica e quella di una Associazione privata che, seppur riconosciuta in alcuni ambiti internazionali, rimane sempre una organizzazione privata senza nessun peso giuridico impositivo. In ogni caso, dal nostro punto di vista, qualora ci fosse da determinare una qualche legittimità o meno, sarebbe maggiormente opportuno rivolgersi ai Giudici, ovvero a dei Tribunali, che farebbero certamente delle ulteriori valutazioni dei diritti attivi e passivi, considererebbero la giurisprudenza di merito, stabilirebbero i reali carichi ereditari individuali, etc. Questo l'Articolo in questione che merita essere preso in considerazione:

    "Da molti decenni si dibatte, anche aspramente, non tanto sulla legittimità degli ordini cavallereschi in sé (ogni ordine è legittimo per i suoi aderenti) ma sugli “organismi” che ne dichiarano la legittimità. La necessità di questi “organismi” deriva dal fatto che l’Uomo ha bisogno di certezze e, pertanto, sapere se un Ordine è legittimo o meno è molto importante di fronte anche al“.. sorgere di pretesi Ordini cavallereschi ad opera di iniziative private, che hanno il fine di sostituirsi alle forme legittime di onorificenze cavalleresche1”.

    Attualmente il “giudizio di legittimità” è esercitato da due “organismi”:

    1. dalla Santa Sede

    1. dallaCommissione internazionale permanenteper lostudio degli ordinicavallereschi (ICOC)2.

    La Santa Sede si è espressa, più volte, (la prima nel 1935), attraverso il proprio giornaleL’Osservatore Romano,o attraverso note della Segreteria di Stato, sul “riconoscimento di legittimità” di molti Ordini dichiarandone, di moltissimi, il “non riconoscimento” (ma non la illegittimità).

    La Santa Sede, ufficialmente, si esprime solo attraverso la sua Gazzetta Ufficiale e cioègliActa Apostolicae Sedismentre lascia al suo giornale di informazione il compito di esternare il proprio pensiero senza che però, esso, sia elevato a livello di statuizione normativa. Esprime, dunque, un’opinione che non entrerà nella raccolta delle norme vaticane. Questo fatto non è ininfluente per quanto segue.

    A proposito degli ordini Cavallereschi la Santa Sede, dopo il 1935, non riconosce molti Ordini Equestri poiché non è “…in grado di garantire la legittimità storica e giuridica di altri ordini cavallereschi al di fuori del Sovrano Militare Ordine di Malta e dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme” .

    Taleprincipio viene ribadito anche recentemente: “La Segreteria di Stato, a seguito di frequenti richieste di informazioni in merito all’atteggiamento della Santa Sede nei confronti degli Ordini Equestri dedicati a Santi o aventi intitolazioni sacre, ritiene opportuno ribadire quanto già pubblicato in passato (è molto significativo questo “pubblicato” per i motivi detti di non statuizione delle proprie opinioni, n.d.r): oltre ai propri Ordini Equestri (Ordine Supremo del Cristo, Ordine dello Speron d’Oro, Ordine Piano, Ordine di San Gregorio Magno e Ordine di San Silvestro Papa), la Santa Sedericonoscee tutela soltanto il Sovrano Militare Ordine di Malta – ovvero Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta e l’Ordine Equestre del Santo

     

    1’Osservatore Romanodel 21 marzo 1952

    2http://www.icocregister.org

    Sepolcro di Gerusalemme, e non intende innovare in merito.Tuttigli altri Ordini – di nuova istituzione o fatti derivare da quelli medievali –non sono riconosciutidalla Santa Sede, non potendosi questa far garante della loro legittimità storica e giuridica, delle loro finalità e dei loro sistemi organizzativi”3

     

    La Santa Sede non delegittima alcun Ordine in quanto non riconoscerne alcuni non significa che essi siano illegittimi4, significa soltanto che essa non può farsi garante della loro legittimità storica e, pertanto, stabilisce solo quali Ordini siano titolari di un diritto ad un trattamento di attenzione da parte sua. Si fa garante solo degli Ordini fondati dalla Sede Apostolica (di collazione diretta del romano Pontefice) e di altri due ordini, quello del Santo Sepolcro (di subcollazione o semindipendente) e quello del Sovrano Ordine di Malta. Se avesse voluto delegittimare un ordine, lo avrebbe fatto attraverso una norma esplicita contenuta negliActa Apostolicae Sedisaffermando che il non riconoscimento è la naturale conseguenza di una illegittimità storica che avrebbe dovuto essere dimostrata. Informa, invece,che non può farsi garante della sua legittimità storica e giuridica, della sua finalità e del suo sistema organizzativo.

    Da questa posizione ribadita dalla Segreteria di Stato si è fatto derivare, da taluni, anche il divieto per i parroci di mettere a disposizione chiese o cappelle per gli Ordini non riconosciuti dalla Santa Sede. Non esiste alcun divieto. La Santa Sedenon ritiene appropriatol'uso di tali edifici da parte degli Ordini cavallereschi non riconosciuti semplicemente perché tale uso non risponde a criteri di convenienza.

    Eppure, a detta di molti, la Santa Sede è la sola istituzione che può decidere sulla legittimità di un Ordine nato all'interno della cattolicità soprattutto con Bolle papali di approvazione o di fondazione. Non facendolo, o rinuncia ad una sua prerogativa

     

     

    3Zenit.org, Città del Vaticano, martedì, 16 ottobre 2012.Nella nota, diffusa questa mattina dalla Sala Stampa vaticana, la Segreteria di Stato "ritiene opportuno ribadire quanto già pubblicato in passato", ovvero che:

    "Oltre ai propri Ordini Equestri (Ordine Supremo del Cristo, Ordine dello Speron d'Oro, Ordine Piano, Ordine di San Gregorio Magno e Ordine di San Silvestro Papa), la Santa Sede riconosce e tutela soltanto il Sovrano Militare Ordine di Malta — ovvero Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta — e l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, e non intende innovare in merito".

    Dunque, si legge ancora nel documento: "Tutti gli altri Ordini — di nuova istituzione o fatti derivare da quelli medievali — non sono riconosciuti dalla Santa Sede, non potendosi questa far garante della loro legittimità storica e giuridica, delle loro finalità e dei loro sistemi organizzativi".

    Ancora una precisazione in conclusione del comunicato: "Ad evitare equivoci purtroppo possibili, anche a causa del rilascio illecito di documenti e dell'uso indebito di luoghi sacri, e ad impedire la continuazione di abusi che poi risultano a danno di molte persone in buona fede, la Santa Sede conferma di non attribuire alcun valore ai diplomi cavallereschi e alle relative insegne che siano rilasciati dai sodalizi non riconosciuti e di non ritenere appropriato l'uso delle chiese e cappelle per le cosiddette 'cerimonie di investitura'".

    4La Santa Sede, per esempio, nei suoi comunicati non fa menzione di quegli ordini cosiddetti Dinastici o Familiari, così come non contempla nel detto riconoscimento, ovviamente, tutti quegli ordini cavallereschi nazionali dei vari Stati sovrani. Non sono riconosciuti ma lascia ad altri la decisione della loro legittimità.

     

    ammettendo, implicitamente, che possono esservi altre organizzazioni autorizzate a farlo o giuridicamente, secondo il diritto canonico, non esistono le condizioni per farlo.5

    A me sembra che la Santa Sede abbracci questa seconda ipotesi soprattutto per quanto riguarda gli ordini equestri prendendo atto di un mutamento avvenuto: le Crociate non si fanno più da secoli per cui gli attuali ordini equestri hanno perduto la primitiva peculiarità.

    La Santa Sede ricorda chiaramente su L’Osservatore Romano del 15-16 aprile 1935 che : "…Non tutti sono tenuti a sapere che gli antichi Ordini cavallereschi erano dei veri e propri Ordini religiosi, dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica, come ogni altro Ordine religioso, e costituiti da professi che emettevano i voti sacri prescritti dalle Regole, e godevano i redditi dei benefici ecclesiastici di cui erano investiti. Ma questi antichi Ordini non hanno di comune se non il loro antico titolo (quando questo è stato conservato) con le moderne decorazioni Equestri, le quali per una completa trasformazione giuridica del primitivo istitutopossono sussisterein quanto unSovrano o Capo di Statonei limiti della propria giurisdizione dà ad esse la legittima consistenza civile…"

    Una prima osservazione: la Santa Sede si occupa esclusivamente degli ordini fondati o riconosciuti con proprie bolle ma che avendo esaurito la loro funzione sono ritenuti, ora, vuoti di contenuti religiosi seppur conservino le Decorazioni Equestri. Viene, dunque, affermato il principio di laicità degli ordini, un tempo religiosi, che molti puristi mettono in discussione in quanto affermano che un ordine stabilito da una bolla papale può essere laicizzato solo con altrettanta bolla papale. Non posso pensare che la Santa Sede non sapesse di incorrere in errore con le osservazioni sopra riportate.

    La seconda osservazione è relativa al fatto che con Sovrano e Capo di Stato la Santa Sede individua inequivocabilmente il Sovrano regnante o il Presidente della Repubblica in carica al momento della concessione della“consistenza civile”all’ordine vuoto di contenuto.

    Se possono sussistere le Decorazione Equestri che hanno ricevuto consistenza civile significa che la Santa Sede prende atto della loro esistenza e non le considera illegittime. Ciò comporta presumere l'istituzione di due gradi di riconoscimento: i “riconosciuti pienamente” e i “sussistenti non riconosciuti ma non illegittimi”

    Ricordiamoci, inoltre, che la Santa Sede si trova, a volte, in condizioni di grande disagio ad esprimere giudizi su un ordine se si considerano le politiche legate alle bolle pontificie di riconoscimento o di istituzione. Spesso preferisce tacere a causa di atti e fatti pontifici che si sono susseguiti avendo ad oggetto il medesimo ordine cavalleresco. Nella storia della Chiesa, è frequente che ciò che ha riconosciuto un papa venga disconosciuto da un altro papa. Spesso il diritto canonico si è scontrato con il diritto civile e alcune volte ha prevalso e l'uno, altre volte l'altro. E' la logica della politica di cui la Santa Sede non è immune quindi meglio non pronunciarsi anche per non mettere in evidenza la discontinuità di atteggiamenti e comportamenti che, secondo i canoni, non può esistere nella Chiesa Cattolica.

    5Non è possibile dichiarare illegi7ma o falsa una associazione cavalleresca, anche se nata oggi, che sia stata regolarmente cos?tuita con a@o notarile o secondo le leggi di un determinato paese.

     

    Esiste un altro organismo che mette giudizi di “legittima” suglii Ordini.

    Si tratta dellaCommissione internazionale permanente per lo studio degli ordini cavallereschi -ICOC6.

    L'ICOC redige un Registro, aggiornato ogni anno, dove inserisce gli Ordini che sono da essa stessa dichiarati legittimi secondo una serie di parametri stabiliti dalla Commmissione7. Il Registro è relativo solo agli ordini principalmente di area cattolica ed europea occidentale.

    Che cos'è l'ICOC? Riporto alcune definizioni riprese nel suo sito ufficiale8.

    ...The Commission is a private body, the worth of whose decisions depends upon the qualifications and scholarly reputation of its component members...

    ...The seriousness of the Commission is demonstrated by the requirement that Members not “be part of or participate in meetings organised by self-styled Chivalric Orders, award systems, noble corporations, or dubious nobiliary bodies, or hold ecclesiastical decorations etc, not listed in the ICOC Register.

    ...The decisions arrived at by the ICOC since its inception have been thoroughly reviewed and a number of bodies included in those lists published subsequent to the original 1964 Register have been removed and will not be included in the future. The 1964 Register has thus been corrected and modified.

    ...The Register is not closed, nor final, and will always be reviewed in the light of new evidence or changing circumstances. Moreover, the Commission welcomes open discussions on subjects between members with differing points of view, as this will assist the process of arriving at a sensible and reasoned conclusion...”

    Alcune riflessioni:

    1. ICOC è una associazione privata, come ve ne sono molte, e fa derivare la sua autorevolezza dalla reputazione dei suoi membri. La serietà della Commissione è fondata sul fatto che i suoi membri non fanno parte o non partecipano agli incontri organizzati da

     

    6La Commissione Internazionale per lo studio degli Ordini Cavallereschi fu fondata al V Congresso Internazionale di Scienze Genealogica ed Araldica, durante la sua riunione in Stoccolma dal 21 al 28 agosto 1960.

    7Il VI Congresso Internazionale ICOC, si svolse ad Edimburgo dall’8 al 14 settembre 1962. Il 14 settembre la Commissione preparò il suo rapporto sui principi implicati nel valutare la validità degli Ordini di Cavalleria e questi vennero accettati dal Congresso. In aggiunta fu all’unanimità deciso in sessione plenaria che la Commissione Internazionale sarebbe divenuta un corpo autonomo permanente nei seguenti termini: “dopo aver espresso il proprio apprezzamento per il lavoro della Commissione per gli Ordini di Cavalleria e del suo Presidente Barone Monti della Corte, il Congresso ritiene opportuno che, pienamente autonoma, la Commissione stessa prosegua in futuro i suoi lavori con carattere permanente, applicando, nella pienezza della propria responsabilità, i princìpi sviluppati nel rapporto presentato al Congresso.

    8http://www.icocregister.org

     

    quegli ordini che non sono compresi nel Registro ICOC e che sono stati giudicati illegittimi dall'ICOC stesso. Non credo vi sia bisogno di commenti.

    1. Durante una revisione del Registro ( il riferimento è al primo registro del 1964, n.d.r), alcuni Ordini inseriti vennero dichiarati illegittimi e quindi tolti dal Registro e“...non vi saranno inclusi nel futuro.”

    Questa ultima affermazione potrebbe sembra una contraddizione con quanto viene successivamente detto e cioè che il Registro “...non è chiuso né considerato finale e sarà sempre revisionato alla luce di nuove evidenze o di cambiate circostanze.”

    Ma la contraddizione è soloapparente perché, poi, si afferma che“...la Commissione accoglie volentieri, sugli argomenti trattati, discussioni franche fra imembricon differenti punti di vista...”Ancora una volta si riafferma l’autoreferenzialità dell’ICOC.

    Sono solo i membri della Commissione che hanno il diritto di ammissione alla discussione, mentre chi non è membro della Commissione non ha diritto né di parola né di difesa.

    Infine è interessante analizzare quanto il presidente ICOC scrive sul suo sito9:

     

    Il pensiero ufficiale della Santa Sede sulla materia cavalleresca è chiaro e non può dar adito a dubbi di nessun genere; per i distratti ricordo che lo si può leggere in tutte le edizioni del Registro Internazionale degli Ordini Cavallereschi pubblicate da quando ne ho assunto la presidenza. Qui citerò quanto ancora la Santa Sede precisava su L’Osservatore Romano del 1° dicembre 1976:"… Siamo autorizzati a ripetere le chiarificazioni al riguardo precedentemente pubblicate su L’Osservatore Romano. La Santa Sede, in aggiunta ai suoi propri Ordini Equestri, riconosce solamente due Ordini cavallereschi: il Sovrano Militare Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, denominato Ordine di Malta, e l’ Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Nessun altro Ordine, sia esso istituito nuovamente o derivante da un Ordine medievale avente lo stesso nome, gode tale riconoscimento, poiché la Santa Sede non è in una posizione per garantire la sua legittimità storica e giuridica…"; Infine voglio ancora rammentare che il 27 aprile 2004 la Segreteria di Stato - prima sezione affari generali con protocollo n. 555477 scriveva alle Missioni diplomatiche accreditate presso la Santa Sede: "…È costume che durante le cerimonie ufficiali, i Diplomatici accreditati sfoggino, oltre alle decorazioni ufficiali e agli Ordini nazionali, le insegne di Ordini equestri riconosciuti dalla Santa Sede, che, come si sa sono solamente in numero di due: il Sovrano Militare Ordine di Malta e l’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. La pratica vuole che i Diplomatici accreditati si astengano dall’aderire a degli Ordini equestri che non sono legati alla Santa Sede, anche se essi sono dedicati a dei santi o hanno dei titoli religiosi. Secondo la medesima tradizione, le alte personalità membri del Governo, durante la loro presenza a Roma per delle Udienze pontificie, non accetteranno distinzioni onorifiche di Ordini che non sono riconosciuti dalla Santa Sede…".Dunque non ci sono dubbi su quale sia la posizione ufficiale della Santa Sede cheafferma chiaramente di non essere in grado di garantire la legittimità storica e giuridica di altri ordini cavallereschi al di fuori del Sovrano Militare Ordine di Malta e dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ma che tuttavia nel 1935 (in una situazione storico-politica ben diversa dalla nostra) dava valore a quelle decorazioni equestri che avevano mantenuto l’antico nome dell’Ordine Cavalleresco, e che per una completa trasformazione giuridica potevano sussistere "…in quanto un Sovrano o Capo di Stato nei limiti della propria giurisdizione dà ad esse la legittima consistenza civile…"Credo che per avere le idee chiare sull’argomento basti leggere con spirito pragmatico quanto esposto su quelle istituzioni che continuarono la loro esistenza - senza l’appoggio della Santa Sede - in Stati che oggi non esistono più avendo fatto il loro tempo. E allora? Oggi dobbiamo avere il coraggio di essere corretti affermando che gli Ordini Cavallereschi sono solo ilSMOMe ilSanto Sepolcro, mentre leOnorificenze e le Decorazionisono tutti i sistemi premiali provenienti dalle autorità di uno Stato o dalle sue istituzioni (non tutte le nazioni hanno la stessa struttura amministrativa); e infine dobbiamo considerare quelle importanti reliquie del passato che fanno parte della nostra storia e che noi chiamiamo - spesso anche errando -Ordini Dinastici o di Famigliacome qualcosa da tutelare, rinvigorire, rispettare, ma attribuendo loro un valore unicamente morale (anche se diverso da quello di un tempo) nel ricordo dei nostri antenati che hanno creduto e combattuto per quegli ideali oggi non più attuali; in fondo - come tante volte ho già scritto - è proprio grazie a

    9http://www.icocregister.org, cit.

    tali istituzioni una volta connesse alla cavalleria, che potremmo trovare una valida soluzione per fare del bene all’umanità che soffre in ogni parte del mondo”.

     

    Alcune considerazioni:

    1. vi è una parte, nello scritto, in cui si richiamano le disposizioni dello stato Italiano in materia di decorazioni e insigne che non viene discusso in questo articolo perchè appartiene ad altre riflessioni, quelle relative ai Trattati Lateranensi sottoscritti tra la Repubblica Italiana e Santa Sede.

    2. vi è un'altra parte in cui il presidente ICOC riafferma quanto detto da l'OsservatoreRomanonel 1935quando distinguegliOrdini Cavallereschi, ormai estinti, dalleOnorificenze e Decorazioni(che), continua il presidente, “...sono tutti i sistemi premiali provenienti dalle autorità di uno Stato o dalle sue istituzioni(quindi laiche, n.d.r.) e prosegue affermando che “...dobbiamo considerare quelle importanti reliquie del passato(le Onorificenze e Decorazioni, n.d.r.)che fanno parte della nostra storia e che noi chiamiamo - spesso anche errando - Ordini Dinastici o di Famiglia(nel Registro ICOC vi sono le distinzioni non per Onorificenze e Decorazioni ma per Ordini Dinastici o di Famiglia, n.d.r.)come qualcosa da tutelare, rinvigorire, rispettare, ma attribuendo loro un valore unicamente morale (anche se diverso da quello di un tempo) nel ricordo dei nostri antenati che hanno creduto e combattuto per quegli ideali oggi non più attuali”.

    ICOC afferma di riconoscere pienamente quanto dichiarato dalla Santa Sede ma poi si pone in concorrenza con la medesima. La Santa Sede tutela solo quegli ordini che ha più volte dichiarato di tutelare, riconoscendosi incapace di farsi garante per tutti gli altri. ICOC si fa garante di questi ultimi (impropriamente chiamati ordini, n.d.r.) e dichiara la legittimità di quegli ordini che hanno ricevuto “consistenza civile” riempiendoli anche di quei contenuti che la Santa Sede aveva dichiarato non più esistenti. La contraddizione è palese. Non dichiara, comunque, la legittimità di tutti gli ordini non riconosciuti dalla Santa Seda ma solo di quelli che vengono dichiarati legittimi in base ai criteri e alle consapevolezze dei membri “autorevoli” di ICOC stesso.

    Se ICOC si fosse attenuto allo spirito e alla lettera del testo vaticano si sarebbe reso conto della sua non necessità per esprimere “giudizi di legittimità” essendo sufficiente quanto detto dalla Santa Sede: solo lo Stato o il Sovrano “nei limiti della propria giurisdizione”sono autorizzati ad emettere giudizi di legittimità in quanto entro quei limiti danno consistenza alle Decorazioni Equestri.

    Concludendo, la Santa Sede da una parte, e realisticamente, affronta il problema degli ordini cavallereschi riconoscendo la sua non competenza sulla stragrande maggioranza dei medesimi in quanto divenuti altra cosa rispetto a quelli primitivi, dall'altra non fa altro che dichiararsi neutrale relativamente a giurisdizioni che non gli appartengono qualora quegli antichi ordini fossero stati dotati di consistenza giuridica da parte di stati dimostrando , così, un alto grado di sensibilità non ingerendosi negli affari altrui.

    Per quanto riguarda le Onorificenze e le Decorazioni degli Stati sovrani (Repubbliche o Monarchie) esse sono legittime in quanto dichiarate tali dallo Stato stesso senza bisogno di “agenzie”.

    Si obietterà che moltissimi sovrani, una volta regnanti, oggi non regnano più e che rimangono solo le loro famiglie. Se si parte dall'assunto che Onorificenze e Decorazioni sono di proprietà del sovrano, in quanto da lui hanno ricevuto consistenza civile, e, se non da lui private di tale consistenza, sono trasmissibili alla sua famiglia, saranno le famiglie a deciderne la legittimità e a farsene garanti visto che la Sede Apostolica non potendo farsi“...garante della loro legittimità storica e giuridica, delle loro finalità e dei loro sistemiorganizzativi”non emette alcun giudizio di valore sugli ordini se non su quelli da essa espressamente citati.

    Vorrei concludere queste riflessioni affermando che molto spesso si creano organismi non tanto perchè sono necessari oggettivamente ma in quanto sono desiderabili da chi non ha la certezza di essere nel giusto e aspira che qualcuno esterno a lui gli dica se è nel giusto o meno ed è così che qualcuno accoglie sempre questo desiderio e si costituisce in autorità. La storia è piena di simili processi.

     

    (Elio Satti)

    da: http://www.oslj-italia.it/images/SantaSede_ICOC_leg..pdf

     

  • Impegno dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme a S.S. Papa Francesco.

  • Monaci, Cavalieri e Gran Maestri del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme - III° Tappa: Martina Franca 11-10-14

    CLICCARE QUI' PER VEDERE E SCARICARE L'INVITO

     

  • Notizie dal Balivato "S.S. Papa Francesco" da Buenos Aires

    Malgrado il periodo estivo che stà trascorrendo l'Argentina, i confratelli sudamericani si stanno impegnando con le iniziative che sono state programmate e che il Gran Balì d'Ambasceria, Federico Herrera Rodrigues, sta dirigendo in maniera eccellente.

    Inspección de la Escuela Franciscana Sr Embajador de Taiwan y de la Soberana Orden de San juan de Jerusalen - Buenos Aires  

  • Ricerca Internazionale: Dirigenti ed Operatori.

    Il Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (Cavalieri di Cipro, Rodi, Malta, San Pietroburgo: *Confederazione Mondiale*), gradirebbe entrare in contatto con Diplomatici, professionisti dei settori sanitari, legali, sociali ed umanitari, artisti, nobili, in tutto il Mondo, per poter sviluppare le proprie attività con l’apertura di *Commanderie e Balivati* negli Stati scoperti. (E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.Buone Feste.

  • Uso limitato ed illimitato delle decorazioni

    UNA POCO NOTA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

    SU “USO ILLIMITATO” E “USO LIMITATO” DELLE DECORAZIONI

     

     

    Nel 1959 la III Sezione Penale della Corte di Cassazione (23 aprile 1959, n° 2008, Reg. Gen. n° 3909/59) emise una sentenza circa gli “Ordini non nazionali”, molto spesso bistrattati, ove non abbiano l’avallo di una dinastia ex regnante di sicuro prestigio.

    Un autorevole commento di questa sentenza trovasi pubblicato nella Rivista Penale, annata 1961, II parte/ 1° fasc., come V § di un ampio articolo a cura di Emilio Furnò (Foro di Genova),

    Se ne riproduce il testo (pp. 58-62), che sarà seguito da un breve commento.

     

    Classificati “non nazionali” gli Ordini dinastici ereditari cadono sotto la disciplina dell’art. 7 della Legge 178/51, per cui i cittadini italiani non possono usarne, nel territorio della Repubblica, le onorificenze o distinzioni cavalleresche, loro conferite, se non sono autorizzati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per gli Affari Esteri.

    I contravventori sono puniti con l’ammenda sino a lire cinquecentomila. Trattandosi di contravvenzione, è applicabile l’art. 162

    C.P. che prevede l’oblazione con conseguente estinzione del reato.

    Ai fini dell’esatta interpretazione ed applicazione della summenzionata norma, occorre prendere in esame la natura della “autorizzazione” e dell’ “uso”, che essa stessa norma richiama.

    Il   provvedimento,  con   cui   il   Presidente   della   Repubblica autorizza l’uso delle onorificenze e distinzioni “non nazionali” ed estere, è un atto assolutamente discrezionale, rimesso all’esercizio di facoltà e prerogative proprie del Capo dello Stato. Ha la forma di decreto, come indica la Legge stessa, e si riallaccia all’analogo decreto reale di autorizzazione, previsto nell’ordinamento della cessata Monarchia. Ed ha la medesima funzione, che è quella di parificare alle onorificenze e distinzioni dello Stato quelle “non nazionali” ed estere. Infatti, ottenuta l’autorizzazione, il cittadino italiano ne gode il pieno diritto, che comporta la facoltà di non specificare l’onorificenza.

    Lautorizzazione deve essere promossa dall’interessato, con richiesta diretta al Presidente della Repubblica, tramite il Ministero per gli Affari Esteri, e corredata dai relativi documenti. Il Ministro dispone per   l’istruzione   della   pratica,   che   comprende   le   indagini   sulla personalità dell’istante, sulle sue condizioni sociali, etc. 

    La richiesta di autorizzazione può anche non essere accolta, data la discrezionalità assoluta del Presidente della Repubblica, il quale, nel concederla o denegarla, tiene conto di un complesso di circostanze, relative alla personalità del designato, alle sue benemerenze, alla sua posizione sociale, alle sue qualità morali,  politiche, etc.;e tiene altresì conto della posizione e dei rapporti con lo Stato estero, o con l’Ordine “non nazionale”, che ha concesso la distinzione. Ma la valutazione di tutte queste circostanze non viene espressa, poiché il provvedimento, affermativo o negativo,, non richiede né in realtà comporta mai alcuna motivazione.  Ciò  spiega  meglio  il  perché  contro  di  esso  non  sia esperibile   nessun   reclamo   né   in   via   amministrativa   né   davanti all’autorità giudiziaria. Ma proprio per questo la domanda di autorizzazione può sempre essere riproposta, poiché possono mutare od essere superate le ragioni, che hanno consigliato il precedente diniego, o possono essere accolte le eventuali ragioni proposte dall’interessato.

    Questo potere discrezionale rientra, come già accennato, nelle prerogative  del  Presidente  della  Repubblica  e  trova  la  sua giustificazione  nell’art.   87   u.   p.   Cost.   Rep.,   che   gli   riserva   il conferimento delle onorificenze dello Stato. Sebbene molto ampio, tuttavia non deve confondersi con la potestà di riconoscere o meno la validità dell’onorificenza oppure la legittimità del suo conferimento. La stessa Legge precisa, senza alcuna possibilità di dubbio, che si tratta di autorizzazione all’uso delle onorificenze “non nazionali” ed estere e non si tratta quindi di altro. Sarebbe del resto assurdo andare oltre i limiti fissati dalla Legge, perché di tutta evidenza è che il Capo dello Stato italiano non ha potere di sorta negli ordinamenti degli Stati esteri o degli altri soggetti di diritto internazionale. Comunque l’art. 7 della Legge 178/51 non consente di andare oltre la sua chiarissima lettera.

    Con il considerato potere, il Presidente della Repubblica ha in mano un efficace strumento per evitare abusi e per impedire che persone non  degne  godano  di   onori  a   parità  o   addirittura  a   disparità svantaggiosa per i concittadini. Efficace anche per equamente valorizzare, nel territorio dello Stato, Ordini equestri che si rendono benemeriti con attività di assistenza sociale o che danno lustro al paese per attività culturali, etc.  Utile infine per colmare certe disparità di trattamento fra  gli  stessi cittadini italiani, non  pochi  dei  quali,  pur avendo benemerenze, vengono trascurati dagli organi competenti alla proposta per le onorificenze dello Stato. Il che accade più spesso di quanto non sembri.

    Strumento, dunque, regolatore, sotto diversi, apprezzabili aspetti, ma non demolitore.

    Passando, ora, all’”uso” delle onorificenze “non nazionali” ed estere, bisogna vedere quale ne sia il concetto utile e se sia fondata la

    distinzione  fra   “uso   pieno”ed  “uso   limitato”,  elaborata  in   una recentissima sentenza penale della Corte Suprema Cassazione.

    Secondo questa autorevole sentenza, chiara ed accurata, la distinzione è portata dalla stessa Legge e scaturisce dal confronto fra l’art. 7 e l’art. 8.

    Osserva la Suprema Corte:

    Ed invero, mentre l’art. 7 stabilisce che i cittadini italiani non possono usare nel territorio della Repubblica onorificenze e distinzioni cavalleresche, loro conferite in Ordini Esteri o non Nazionali, se non autorizzati con decreto del Presidente della Repubblica, l’art. 8 – nel porre   il   divieto   del   conferimento  di   onorificenze,  decorazioni  o distinzioni con qualsiasi forma e denominazione da parte di enti, associazioni o privati – punisce l’uso, in qualsiasi forma e modalità, di dette onorificenze, etc. Sicché, mentre l’art. 8 pone il divieto dell’uso in qualsiasi forma e modalità questo si esplichi, nell’art. 7 si prevede soltanto l’uso. Ora è evidente che se il legislatore ha inteso – accentuando la tutela repressiva nella seconda forma di reato – attenersi nell’art. 8 ad un concetto di uso più ampio, ne deriva, per le esigenze di una valutazione unitaria della norma, il carattere differenziale assegnato al concetto di “uso” nei due articoli 7 e 8. E si deve ritenere che il diverso significato, reso palese dalla semplice lettura delle due disposizioni, corrisponde ad un preciso diverso intento del legislatore che, se avesse voluto riferirsi ad un concetto di uso da applicarsi indiscriminatamente   nelle   diverse   situazioni,   non   avrebbe   avuto necessità alcuna di scendere ad una specificazione ulteriore, eliminando la possibilità di un uso in qualsiasi forma o modalità. Questa diversità di disciplina legislativa è certamente da porsi in relazione con quelli che sono  gli  scopi stessi della  tutela,  che  nel  caso  dell’art. 8  sono  più specifici e più intensi perché trattasi di onorificenze, che provengono da Ordini non riconosciuti né riconoscibili ( perché sostanzialmente enti privati) e per i quali è vietato lo stesso conferimento”.. 

    Così testualmente.

    Proseguendo nella sua attenta indagine, la Suprema Corte pone in  rilievo  che  il  conferimento  e  l’accettazione  delle  onorificenze  in parola non abbisognano di alcuna autorizzazione e sono fatti leciti produttivi, come tali, di effetti giuridici propri. Ma tali effetti non potrebbero consistere ed esaurirsi nell’aspettativa di ottenere l’”autorizzazione all’uso”, che non potrebbe nemmeno compiutamente configurarsi, trattandosi di atto assolutamente discrezionale, rimesso all’esercizio di facoltà e prerogative proprie del Capo dello Stato. 

    In altre parole, la Suprema Corte, rilevando il fatto storico, costituito dal conferimento e dall’accettazione dell’onorificenza, ne afferma la liceità e la conseguente efficacia giuridica,che non viene meno per l’eventuale mancanza dell’autorizzazione all’uso, la cui natura è già stata tratteggiata in questo scritto. Osserva di proposito la Suprema Corte che, se l’autorizzazione del Capo dello Stato riguardasse l’ uso in senso lato, comprensivo cioè del qualificarsi e del portare le insegne, occorrerebbe negare qualsiasi effetto giuridico all’accettazione, il  che  non  è  sostenibile,  dovendosi  ammettere  l’esistenza  di  un particolare “diritto soggettivo” che sorge con il conferimento e l’accettazione dell’onorificenza. Se ne deduce quindi la possibilità di un “uso limitato”, che si attua con la precisazione della specie e della qualità dell’Ordine e  del  titolo cavalleresco e  che  perciò non  urta contro gli interessi, posti a base della tutela penale.

    Le argomentazioni della Suprema Corte risultano ineccepibili, perché vanno alla radice del fenomeno, il quale, come si è detto più volte, è produttivo di effetti giuridici.

    E’ senza dubbio esatto che dal conferimento e dall’accettazione della onorificenza estera o non nazionale sorge un “diritto soggettivo dell’insignito”, sulla cui esistenza e legittimità non può influire, per le ormai note ragioni, la concessa o denegata autorizzazione del Capo dello Stato. Questi può soltanto consentire o negare il “pieno uso”delle esaminate onorificenze, il quale consiste nel diritto d’imporre l’ammissione in tutte le relazioni pubbliche o private.

    Si è già detto che l’autorizzazione parifica alle onorificenze dello Stato quelle estere o “non nazionali”; qui va precisato che la parificazione riguarda proprio l’uso, restando salvo l’ordine di precedenza stabilito nel protocollo ufficiale. L’autorizzazione, insomma, valorizza l’onorificenza estera o “non nazionale” nel territorio della Repubblica, assegnandole la più ampia portata.

    La mancata autorizzazione invece riduce l’uso dell’onorificenza “non  nazionale” o  estera, che  deve  pertanto essere  precisata nella specie e nella qualità e che non ha ingresso ufficiale nelle relazioni pubbliche e private. Resta una qualificazione privata, lecita ma sfornita di tutela giuridica. Non mancano situazioni analoghe.

    Nonostante il rigore circa l’uso dei titoli accademici e professionali, conseguiti all’estero, nessuno ha mai potuto negare ai titolari di qualificare, mediante opportuna specificazione, la natura e l’origine dei titoli stessi. Se è vero infatti che il laureato o il diplomato all’estero non può, senza la competente autorizzazione, inserirsi nelle rispettive categorie nazionali, nemmeno ai fini puramente onorifici, è altrettanto vero però che non viola alcuna legge , quando, sul biglietto da  visita,  carte  personali,  etc.,  o  comunque  nelle  relazioni  sociali indichi, con adeguata precisazione, il titolo o i titoli conseguiti. L’analogia è evidente giacché, sia nel caso di titoli accademici, etc., sia in quello delle onorificenze, il conferimento e l’accettazione non richiedono  alcuna  autorizzazione  preventiva  da  parte  dello  Stato italiano: ed entrambi i casi presentano fatti leciti, che sarebbe irragionevole non voler considerare neppure ai limitati effetti della pura e semplice qualificazione.

    Dalla impostazione, che precede, s’affaccia una non sterile distinzione tra diritto soggettivo ed interesse dell’insignito.

    Il primo è portato, come si è visto, dal conferimento e dall’accettazione dell’onorificenza, appartenente ad Ordine equestre “non  nazionale”  o  estero,  legittimo  nei  termini  sopra  precisati;  il secondo scaturisce dalla aspettativa, conseguente alla domanda di autorizzazione all’uso. L’uno comporta l’altro.

    Il  primo,  qualunque  ne  sia  la  misura  e  l’efficacia nell’ordinamento italiano, è sempre un diritto, che non può venire soppresso da nessun atto né del Presidente né del Parlamento della Repubblica italiana, poiché questi istituti non ne possono sopprimere la fonte, esistente al di fuori della loro influenza. Possono solo agire sulla misura del suo esercizio.

    Il secondo invece cade interamente nell’ordinamento italiano e si risolve in una semplice speranza, la cui realizzazione dipende dal potere insindacabile del Capo dello Stato; e non solo perché ancor più dipende dal potere, non meno insindacabile, del Ministro per gli Affari Esteri, competente a proporre l’autorizzazione nonché a rendere valido il decreto presidenziale, che da lui deve essere controfirmato ai sensi dell’art. 89 p.p. Cost. Potrebbe perciò accadere che la mancata autorizzazione non sia tanto dovuta al diniego del Presidente della Repubblica – il quale può ignorare persino l’esistenza della domanda – quanto  del  parere  sfavorevole  o  dall’inerzia  del  Ministro. Come potrebbe accadere che, nella successione dei Ministri, il successore del proponente sia di contrario avviso e si rifiuti di controfirmare il decreto presidenziale di autorizzazione.

    In queste situazioni, tutt’altro che improbabili, il disagio dell’interessato non trova alcun rimedio, non essendo previsto alcun reclamo né in via amministrativa né in via giudiziaria. Nel caso di onorificenza, concessa da Stato estero accreditato, potrebbe configurarsi il reclamo in via diplomatica. Ma, a parte il fatto che dovrebbe trattarsi di caso particolarissimo, non sembra ne sia conseguibile una risolutiva efficacia.

    Lorientamento della Suprema Corte – che merita piena adesione

    – ha, tra l’altro, il pregio di attutire l’eventuale eccesso di un potere così assoluto ed influenzabile; e tanto che non sembra rispondere ai principi informatori della Costituzione Repubblicana (artt. 2 e 3). Non si dimentichi che ogni Ministro deve di regola la sua nomina a considerazioni , spinte, intese, di natura politica, che lo accompagnano in tutta la sua attività. E, se è pensabile che il Presidente della Repubblica sappia elevarsi al di sopra delle varie correnti politiche – non mancano recenti esempi – tale distacco non può richiedersi al Ministro, politicamente responsabile verso il proprio Partito o verso le correnti di spinta.

    Nello stato di diritto, quale è la Repubblica Italiana, non è concepibile che ragioni  d’indole politica – o addirittura inafferrabili perché inespresse – possano prevalere, senza alcun reclamo, sull’interesse del cittadino, giustificato da un vero e proprio diritto, e persino quando sia sostenuto da autorevoli sentenze della Magistratura dello Stato stesso. Quando ciò accade – ed è accaduto come fra non molto si dirà – si crea, a dir poco, una inaccettabile indifferenza del potere  esecutivo  verso  il  potere  giudiziario,  la  quale  non  può  non incidere negativamente sulla comunità.

    E’ auspicabile che l’esercizio negativo del potere in parola venga vincolato all’obbligo di motivazione e che sia concesso adeguato reclamo. Ne verrà sicuramente migliorata la funzione, di cui sono stati già esposti i vantaggi, con la garanzia necessaria per il particolare interesse.

    A conclusione si osserva che l’uso, come sopra ristretto, mentre appaga una profonda esigenza di equità, assume di per se stesso la funzione di infrenare una troppo larga distribuzione di onorificenze non statuali>>.

     

    Fin qui il Furnò.

    E’ evidente che alcuni brani dello scritto sono ormai datati, essendo mutate – a distanza di tanti anni – modalità di presentazione d’autorizzazione, procedure, ecc.

    Altro elemento da considerare è il momento politico in cui fu scritto il saggio. Se la sentenza della Cassazione è dell’aprile del 1959 e lo studio è stato pubblicato nel 1961, ci troviamo nell’ epoca Fanfani (salvo le due parentesi Segni [15/2/1959-25/3/1960] e Tambroni [25/3/1960-26/7/1960]): l’ “apertura” a sinistra del dinamico esponente della DC impensieriva il ceto moderato, che tradizionalmente aspirava alle distinzioni cavalleresche.

    Ma veniamo alla sentenza.

    Posto che esistono Ordini “secundum legem” (quelli della Repubblica, della S. Sede, di Malta SMOM, del S. Sepolcro), Ordini “praeter legem”, non vietati in quanto di Stato estero o non-nazionali, e Ordini “contra legem”, appartenenti ad “enti, associazioni o privati “, il succo è questo: se a una degna persona è conferita una onorificenza, e questa viene accettata, ne scaturisce il diritto soggettivo dell’interessato all’uso. Per la normativa della 178/51 l’insignito presenta domanda di portabilità: se essa è accettata, ne consegue il diritto all ‘ “uso pieno” o “uso illimitato”, in tutte le occasioni pubbliche o private.

    Se la domanda non viene accettata, in quanto l’Ordine che ha conferito  l’Onorificenza  non  è  riconoscibile,  resta  il  diritto dell’interessato all’ “uso limitato” alla vita di relazione sociale.

    Come  non   viola  alcuna  legge   un   laureato  all’Estero,  che specifichi, su biglietti da visita o carta intestata, l’Università presso la quale ha conseguito il titolo, e la sua denominazione, così non viola alcuna legge l’insignito che, su biglietti da visita o carta intestata, specifica il suo grado, e l’Ordine che glielo ha conferito.

    Ne consegue che Ordini “non-nazionali”, che non possono essere riconosciuti in quanto non aventi i requisiti richiesti dal MAE, possono conferire onorificenze ugualmente, e l’ uso di esse deve essere, in ottemperanza alla sentenza, esclusivamente limitato alle circostanze private di relazioni sociali.

     

    Luglio 2010                                                                           r.r.

     

    (da www.famigliaromano.it/pdf/DivOrdCav2.pdf)